Dolore: come affrontarlo e trasformalo in un amico?

dolore

Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale negativa da cui in molti cercano di tenersi alla larga. Eppure, anche se non ci piace, è necessario alla sopravvivenza.

Il dolore di fatto, oltre a segnalare uno stato di malessere che altrimenti non verrebbe affrontato portandoci ad un peggioramento, è fondamentale per lo sviluppo delle nostre competenze relazionali e sociali.

Quanti tipi di dolore?

Il dolore può essere sia fisico che psicologico; è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata ad un danno dei tessuti, oppure ad una dimensione affettiva e cognitiva.

Può essere dato da:

  1. qualcosa che capita, come una malattia, la perdita di una persona cara o un evento traumatico quale un terremoto;
  2. un male che qualcuno direttamente ci ha inferto, anche se non necessariamente con l’intenzionalità di procurarcelo. Tra questi possiamo trovare atti di bullismo, di abuso o l’abbandono; aver a che fare con un genitore ipercritico o con la sua indifferenza;
  3. l’esperienza di inadeguatezza o del senso di colpa che proviamo verso qualcuno.

Di fronte a questi eventi le persone possono avere reazioni differenti:

  1. possono provare paura circa le sensazioni fisiche che potrebbero sperimentare,
  2. possono incominciare a pensare che le cose dovrebbero funzionare in modo diverso e che dovrebbero essere in quel modo e basta. Perciò aggiungono un importante senso di inadeguatezza all’esperienza dolorosa che stanno vivendo.
  3. individuano in altre persone la causa della persistenza del loro problema.

Un dolore, di qualsiasi natura sia, lascia delle cicatrici delle quali è importante prendersi cura per evitare che diventino purulente. Spesso però non sappiamo esattamente come fare e nel tentativo di sollevarci, ci complichiamo ulteriormente la vita.

Cosa fanno solitamente le persone per far fronte al dolore?

Affrontare un dolore significa avere il coraggio di passarci in mezzo, di viverlo fino in fondo, di lasciare che il tempo decanti le cose. Riuscire a fare questo è in molti casi difficile, perciò si tende ad evitare, a mettere da parte, si cerca di non pensare. Questo però produce insoddisfazione, lamentele, agitazione, rinuncia.

Possiamo invece trovarci nella situazione in cui non siamo noi in prima persona a vivere il dolore, ma una persona a noi cara, come per esempio un figlio. Come genitori possiamo sentirci impotenti e sopraffatti e vorremmo che quell’esperienza faticosa che nostro figlio sta vivendo sparisse in fretta, senza renderci conto di quanto sia invece importante che la viva appieno. Questo è fondamentale per la crescita del bambino, ma anche dell’adulto.

Al contrario possiamo non renderci conto della fatica che nostro figlio sta attraversando e minimizzando lo spingiamo oltre le sue possibilità.dolore abbraccio

Noi adulti perciò, difronte al dolore di nostro figlio tendiamo a sostituirci e mettiamo in atto comportamenti conseguenti quali la consolazione senza aiuto concreto a reagire, la minimizzazione della sofferenza, offrire indicazioni inattuabili per il bambino. A volte addirittura ci arrabbiamo.

Un’altra cosa che spesso facciamo è quella di far evitare eventi o situazioni che possono essere dolorose, evitiamo che i nostri figli si confrontino con emozioni classificate come “negative” allo scopo di proteggerli.

Ma come può imparare una persona piccola o grande che sia, a fronteggiare le avversità della vita, se le evita?

A questo proposito vi racconto un episodio a cui mi è capitato di assistere.

Fuori dalla scuola, mentre aspetto che mia figlia esca sto chiacchierando con una mamma. Questa mi rivela di essere finalmente in dolce attesa e già nel quarto mese di gravidanza. “Finalmente” perché di fatto aveva perso due bambini prima di questo. Mi confessa di non aver voluto dire nulla a nessuno, in particolare alla figlia che sta per uscire fuori da scuola insieme alla mia, perché aveva paura che avrebbe potuto restarci male. “Che le avrei potuto dire?” domanda retoricamente.

Tale tipo di atteggiamento non fa che preparare un maggior dolore, perché non ci allena attraverso le piccole sofferenze che la vita comunque ci presenta. Avremo perso l’occasione di mostrare a nostro figlio che la sofferenza può essere vissuta e superata.

Di fatto il dolore affrontato e non visto come qualcosa di malvagio e pericoloso, ci rende consapevoli delle nostre possibilità, delle nostre risorse e ci dispone a lavorare sui nostri limiti, per migliorarli.

Come uscire dal dolore?

Come dicevo prima, il dolore lascia una ferita che si rimargina quanto più velocemente se disinfettata, curata, ma rimarrà sotto forma di cicatrice.

Come fare, per uscir di metafora, a disinfettare e prendersi cura del dolore?

  1. dedicare del tempo stabilito, quotidiano durante il quale poter raccontare, scrivere o disegnare tutte le cose che fanno stare male e soffrire. Invece di evitare di pensare impegnamoci a tirarlo fuori in un contesto protetto dove, se è coinvolta un’altra persona, questa starà in religioso silenzio. Sarà accanto a noi, non avanti a noi con i suoi consigli. Questa operazione -se va a buon fine- consente, a dispetto di quanto si possa credere, di stemperare l’emozione, il dolore, il disagio.
  2. sperimentarsi in “esperienze più coraggiose”, quali:
    • lo scrivere una lettera o fare un disegno ad una persona che è venuta a mancare, ma anche guardare le sue foto o andare a trovarla al cimitero,
    • rincontrare e guardare negli occhi un amico che ci ha fatto un torto e se necessario rispondergli a tono,
    • dire a qualcuno qualcosa che non si è mai avuto il coraggio di dire.
  3. Se il dolore deriva da un’esperienza di rifiuto che porta ad essere a nostra volta rifiutanti, è importante provare a comportarsi diversamente seguendo la logica del “come se”. Come mi comporterei se fossi una persona che piace? Probabilmente sorriderei, saluterei quando entro in una stanza, durante una conversazione ascolto ciò che hanno da dire gli altri e intervengo, faccio domande. Così, step by step sarò costretto a ricredermi.

Elisabetta Gusmini

Psicologa Treviglio

 

 

 

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